martedì 31 maggio 2011

Alieni e luoghi comuni

Ieri ho visto l'ennesimo film dove alieni cattivissimi vogliono invadere la terra e ucciderci tutti.

Questo dovrebbe avvenire il 12 agosto dell'anno prossimo.
Gli extraterrestri hanno bisogno della nostra acqua e ci attaccheranno lungo le coste.

OK, con mio marito ci siamo detti che di solito in quel periodo siamo in Val di Non, quindi non c'è da preoccuparsi...

Ma perchè gli alieni ce li immaginiamo sempre ostili e poco inclini ad un approccio "diplomatico"?!?
Sono spesso viscidi, somigliano a polipi grigi o ad insetti scheletrici, hanno una tecnologia avanzatissima ma, guarda un po', gli fanno gola la Terra ed i suoi poveri abitanti.

Se hanno tutti questi potenti mezzi, se possono viaggiare nelle galassie a loro piacimento, ci sarà pure un pianeta messo meglio del nostro da qualche parte.
Con meno inquinamento, meno cemento, meno gente, un pianeta "vergine" che possono colonizzare senza problemi.

Forse gli sceneggiatori ragionano in termini "umani". Noi ci siamo comportati così con le civiltà precolombiane o con i nativi americani e allora tutto l'universo funziona così.
Speriamo proprio di no.

Io preferisco immaginarmi gli alieni come delle entità molto superiori a noi che ogni tanto mandano un UFO in ricognizione, giusto per vedere se qualcosa è cambiato, e delusi o semplicemente annoiati, se ne vanno.

L'extraterrestre che preferisco, a parte ET ovviamente, è quello interpretato da Jeff Bridges in Starman.

Romantico, buono e generoso.

Peccato sia dovuto ripartire.

sabato 28 maggio 2011

Nespole galeotte

Alcuni cibi, così come certe canzoni o anche profumi, sono più evocativi di altri nella nostra storia personale.

Così accade che mentre stiamo valutando se comprare un melone o delle ciliege, l'occhio cada sui cestini di nespole, bruttarelle e pure care, e che queste finiscano dritte nel carrello.

Perchè è successo che in un attimo sono tornata ai miei 22 anni e ho sentito in bocca il gusto delle nespole rubate da un albero a Tropea, durante una delle più belle vacanze della mia vita.

Ero lì, ustionata dal primo sole di maggio, coperta di Foille, tra un corso di tiro con l'arco e uno di apnea, felice come una bambina davanti al buffet pieno di cibo fantastico e agli scherzi degli animatori.


E c'era lui, l'istruttore di wind surf, abbronzatissimo, con questi occhi così profondi e dei denti così bianchi.
Ma, dico io,  è legale?

Voglio dire, arrivare pallide, dai nostri tristi uffici e soprattutto tristi colleghi, ed essere catapultate in questa specie di paradiso dei sensi, troppo pieno di ogni cosa bella, dal mare alle piscine, dai giochi agli hobby, dagli spettacoli ai balli, con troppo sole, troppi bicchieri di vino, troppa pelle esposta....

Trovarsi a fare i conti con l'ingiustizia della vita: da una parte io che lavoravo in banca e mi vedevo già fregata per sempre e dall'altra gli animatori, miei coetanei, belli come il sole, che dividevano il proprio anno in 6 mesi nei villaggi Italia e sei mesi nei villaggi tropicali, Maldive o Seychelles.

Che crisi! Ho perso la testa e ho pensato che ero ancora in tempo per tirarmi fuori da questo grigio gorgo dove ero finita.
Avevo un moroso, bancario pure lui, che ho lasciato la sera stessa che sono tornata dal mare.
Ho passato l'estate piangendo sempre, scrivendo poesie, sognando di tornare a Tropea in settembre.

In realtà a settembre scadeva il mio contratto a termine in banca e ho ripreso subito a fare l'indossatrice per un altro anno.
Il tempo è passato, inesorabile.

Non sono mai più tornata a Tropea.
Qualche anno dopo, guardando la vetrina di un'agenzia di viaggi, ho visto la pubblicità di un villaggio alle Maldive.
Sullo sfondo l'atollo e in primo piano un materassino con due ragazze e un ragazzo che ridevano felici.  Il ragazzo era lui, il mio istruttore di wind surf.
Ho lottato per un po' con la voglia di partire e fargli una sorpresa.

No, le minestre riscaldate non sono adatte agli animatori.
E' stato meglio conservare un po' di dignità e qualche bel ricordo.

OK, mangiamoci  'sta nespola...
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giovedì 26 maggio 2011

Amici immaginari

Cercando col lanternino una notizia che non mi facesse deprimere e/o arrabbiare, ho trovato questa su la Sindrome da ultima puntata, e devo dire che un po' colpisce anche me.

Io sono una che si affeziona a posti, a mobili, ad animali, qualche volta a persone e, perchè no, a personaggi che vivono solo nei libri e nel "virtuale".
Protagonisti di romanzi che ho amato e di film o serial televisivi popolano ancora la mia mente e in fondo occupano lo stesso posto di persone reali che ho conosciuto.
Cito le loro gesta o frasi che mi avevano colpito, e li ricordo spesso con nostalgia.

Dove saranno adesso? Cosa farebbero oggi? Che ne è stato di loro o dei loro discendenti?

Sì, l'ultima puntata, così come l'ultima pagina, spesso ci lascia soli e un po' avviliti.
Ne vorremmo ancora, vorremmo sapere che per un po' di tempo possiamo mettere in standby la realtà e tornare lì, dove ci raccontano altre storie, dove i problemi li affrontano altre persone e dove c'è qualcuno che sembra migliore o meno noioso, spesso più bello, più agile, più ricco, con una vita più interessante.

Dove sono Sawyer e Sayid di Lost? Perchè io non incontro mai nessuno che vagamente gli assomigli?
Che fine hanno fatto il Dottor Ross e il Dottor Carter di ER? Al pronto soccorso della mia Ulss non ci sono di sicuro.
Ma Giulia e Carlos di Dancing Days saranno ancora sposati?
Il capitano Kirk l'ho rivisto in Boston Legal, ma è così vecchio e grasso che preferivo ricordarlo in qualche galassia lontana...
Rossella e Rhett si sono rimessi insieme?    E Rory Gilmore di Una mamma per amica, è tornata al ridente paesino di Stars Hollow?

Chissà...almeno qui non si va incontro alle delusioni che capitano nella vita vera: tutti i nostri amici immaginari restano lì, cristallizzati al loro meglio, pronti a tornarci in mente quando ne abbiamo bisogno e a ripetere all'infinito quelle battute che ci erano tanto piaciute.
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mercoledì 25 maggio 2011

Le vie dell'amore

Eccomi qui, fresca e riposata (?) di ritorno dalla Riviera Ligure.
Bello è stato bello, però che stancata!

E' sempre così, i giorni sono pochi, le cose da vedere tante e il fisico è quello che è.

Ci si è messo anche questo caldo torrido a completare l'opera e quindi questi benedetti paesini delle Cinque Terre ce li siamo proprio sudati.

Macchina in parcheggio coperto carissimo, gambe in spalla e andare.
Su e giù per caruggi e scale, tante scale.
Chilometri per stradine sterrate, dove per darmi la carica recitavo a mente "Meriggiare pallido e assorto" di Montale, il sole a picco e una marea di turisti da tutto il mondo (ma non lavorano mai?!?).

Comunque l'inizio era stato incoraggiante: da Riomaggiore a Manarola c'è la famosa "Via dell'amore": 850 metri da percorrere agevolmente in piano, lungo la costa, circondati dai profumi della macchia mediterranea, con scorci struggenti tra mare, scogli e gabbiani...

Ed è quasi così...se non fosse che i luoghi degli innamorati al giorno d'oggi sono ormai sempre sinonimo di lucchetti e scritte sulle pareti.

C'è da dire che molti di questi romanticoni hanno sfidato le leggi della fisica per riuscire ad attaccare il proprio lucchetto: ce n'erano a diversi metri di altezza, sulle reti che fermano le possibili frane, su tiranti di acciaio in bilico sul mare e poi gli scrittori, altra categoria che si è data da fare con grande inventiva.
Intere foglie di agave incise con cuori e nomi, la dura pietra di ardesia scalfita in ogni punto, biglietti attaccati col chewing gum... insomma è o non è la Riviera dei Poeti?!

Alla fine del percorso ho stilato la mia personale classifica: vince il premio "fidanzato più romantico" Giulia.

Menzione speciale ad un anonimo spagnolo, per aver sintetizzato in un'unica frase l'amore indissolubile:

venerdì 20 maggio 2011

Una cosa alla volta, per carità!

Ecco un nuovo articolo che parla delle scoperte dell'acqua calda da parte di eminenti scienziati: "Ad una certa età, meglio fare una cosa per volta" su Corriere Salute.
Certo io, se non l'avessi letto, non ci sarei mai arrivata...

Ma dirò di più: secondo me a tutte le età conviene concentrarsi su poche cose e cercare di farle bene.

Tipo guidare.  Non basta più diffidare del solito vecchietto col cappello o della macchina delle suore, adesso anche i trentenni sono imbranatissimi.
Basta che abbiano il cellulare in mano (l'uso dell'auricolare o del viva voce è sconosciuto ai più) e non sanno più curvare, cambiare marcia e purtroppo frenare.

Parlare con il passeggero e mettere la freccia è difficilissimo, così come ascoltare la radio e reagire al verde entro un tempo ragionevole.

Anche spingere un carrello leggendo la lista della spesa provoca sbandamenti e colpi bassi degni di un autoscontro.

Alla fine di un pranzo al ristorante, riuscire ad ottenere il giusto numero di caffè normali, macchiati e deca è come azzeccare un terno al lotto.  Per non parlare di pizze in più o con ingredienti mancanti quando a tavola si è più di quattro.
In questo caso si uniscono i deficit sia dei clienti (smemorati) che dei camerieri (confusionari). E' il massimo.

Multitasking...un'altra di quelle parole con cui ci riempiamo la bocca da un po' di anni.

Sarebbe bello, forse. E si torna sempre a questo bisogno di velocizzare e ottimizzare tutto.
Abbiamo visto che anche i computer riescono ad "impallarsi" quando li carichiamo di troppi compiti contemporaneamente; pretendiamo troppo da noi stessi e ci sopravvalutiamo.

Io ormai mi faccio il promemoria per ogni cosa e cerco di non accavallare le attività. E ancora non basta: certo ormai ho una certa età. Sarà quello.....
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giovedì 19 maggio 2011

PC: amore e odio

Ieri in casa c'è stato un cupo dramma. Il computer di mia figlia è stato infettato da un virus "troiano" e non si collega più alla rete.

La tragedia era tangibile. Lacrime, imprecazioni contro il mondo e la propria sfortuna perenne (non mi pareva, in realtà...), apatia, inappetenza, dolori diffusi.

Siccome ha la proibizione di toccare il PC di famiglia (e giustamente, visti i risultati) era come un animale in gabbia.

Aspettava da settimane l'uscita dell'anteprima di un CD dei Nightmare (gruppo visual kei giapponese) e sul più bello non poteva più scaricarlo!
Il fatto di dover aspettare qualche giorno che tornasse suo padre (io non saprei proprio dove mettere le mani) era insopportabile.
Non poter condividere questa esperienza nel suo forum di maniaci del sol levante era una tortura.

Comunque un po' la capisco.
Venerdì scorso, quando Blogger è stato bloccato per molte ore, ero in piena crisi.
Continuavo a tentare di collegarmi, frustrata di fronte alla stessa scritta laconica che mi diceva che era inaccessibile.
Mi sembrava di perdermi chissà quali avvenimenti fondamentali e di essere tagliata fuori da tutto....

E' pazzesco come ormai tutto ruoti intorno al computer, alla rete, al virtuale.
Non è più un calcolatore elettronico, è una porta sul mondo, ci da' risposte immediate. Guai altrimenti.

Siamo diventati così impazienti e pigri.  I dischi, i giornali, si usciva di casa per andarli a comprare.
Le lettere si imbucavano e si aspettavano giorni per la risposta.  Era normale.

Vogliamo che il nostro PC sia sempre più veloce. Ci spazientiamo se impiega 10 secondi in più a caricarsi, solo perchè ha trovato un aggiornamento e, poverino, deve fare il download...

Mi ricordo che quando ho iniziato a lavorare arrivavo in ufficio, accendevo il computer, scendevo a bere il caffè, chiacchieravo con i colleghi, risalivo e, forse, quando tornavo alla scrivania c'era la videata iniziale ad attendermi.

Abbiamo tutta questa fretta e questo bisogno di essere collegati col mondo, quando in realtà siamo fermi, seduti e soli dentro una stanza.

Me lo ripeto spesso, così esco, mi muovo, vedo gente, faccio cose (sembro Nanni Moretti...) però appena rientrata: ZAC! guardo subito se ci sono messaggi, novità, una notifica, qualsiasi cosa insomma!!!
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mercoledì 18 maggio 2011

Luoghi da ricchi

Tra qualche giorno partirò per una breve vacanza alle Cinque Terre. L'ultima volta che ci sono stata era il 1991.
Ecco prospettarsi quello di cui ho parlato in Repetita juvant, ma anche no.
Confido che l'Unesco abbia proibito anche il più piccolo cambiamento...

Certo, di diverso ci sarà la compagnia: i miei genitori sostituiti da marito e figlia, e il tipo di alloggio: niente roulotte, ma Bed and Breakfast a Riomaggiore.

Sono qui che navigo nella rete in cerca di itinerari e "dritte" su ristorantini ed enoteche.
Sto organizzando anche una puntata a San Fruttuoso, con sosta a Portofino. Già...Portofino.

Ecco uno di quei posti dove non essere ricchi da' più fastidio che altrove.  Generalmente io non ci bado. Guardo, osservo, fruisco nello stesso modo delle altre persone dei benefici della sosta, mi godo il panorama.

Però ci sono luoghi dove il divario tra il mio potere di acquisto e i prezzi esposti è praticamente insormontabile.

Per esempio passeggiare per Ginevra e trasalire leggendo i cartellini nelle gioiellerie, restare basiti davanti le vetrine di un'agenzia immobiliare a Montecarlo o, appunto, guardare le barche ormeggiate a Portofino...

Mi ricordo che ero lì, con i miei che avevano insistito per mangiare al sacco (!) seduti sul molo. Guardavo gli equipaggi di questi panfili, tutti belli con le loro magliette personalizzate che trafficavano attorno a tavole elegantemente apparecchiate sul ponte.

So che protestai con mio padre, per l'inopportunità della nostra sistemazione e lui mi disse: "Io non ho niente di cui vergognarmi, sono una persona onesta, pago le tasse e non ho debiti. Non so quanti dei padroni di queste barche possono dire la stessa cosa.".

Sicuramente aveva ragione.
Ma in ogni caso, farò in modo di arrivare a Portofino dopo pranzo.

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martedì 17 maggio 2011

Neologismi

Questa mattina ho visto su Corriere.it  "3 minuti una parola" di Beppe Severgnini.
E' sempre molto puntuale e divertente. Parlava del modo di dire "anche no" che sta invadendo tutti i nostri discorsi.

E' proprio vero. Ad un certo punto, un aggettivo, un'esclamazione, iniziano ad infiltrarsi, diceva, come un virus e spuntano ovunque, anche a sproposito.

Cambiano con gli anni, alcuni muoiono nel giro di qualche mese.
Io, navigata come sono purtroppo, ne ho sentiti molti e anche usati, naturalmente.

Da piccola ero come Silvano di Camera Cafè e dicevo sempre: "togo!"
C'erano i "matusa", c'era il Jet-Set.  Sono arrivati i "paninari".  Si è iniziato a dire "sfigato" al posto di sfortunato.
Un attimino e assolutamente sì oppure no.

"Tanta roba" lo sento spesso. Va bene in molte occasioni...
"Quant'altro" e "bipartisan": orrende.

Poi tutte le parole derivate dall'inglese: da "performante" a "realizzare" (nel senso di rendersi conto) , così brutte....
La mania di aggiungere "antico" davanti ad ogni cosa: "antica locanda", "antica gelateria", o il suffisso "teca".
Poi "cioccolateria" e "fumetteria".
E quelli che fanno il segno delle virgolette con le mani? Odio.

Ultimamente ho sentito di una nuova filosofia: il "celodurismo"...
Glissiamo.
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domenica 15 maggio 2011

Io, Woody Allen e il resto del mondo

Tra le moltissime cose che "mi intrigano" c'è la teoria cosiddetta "del mondo piccolo".

E' una cosa seria, con tanto di scienziati del MIT e dell'IBM che l'hanno creata e provata

Io, ovviamente, ci sono arrivata per altre vie, molto traverse.

Principalmente a causa della mia passione per il cinema e la mia "sindrome dell'anagrafe" per quanto riguarda gli attori.

Avevo visto il film "Sei gradi di separazione" con Will Smith. Un cult nel suo genere.
Già lì ero rimasta affascinata:  insomma chiunque di noi può essere collegato a qualunque altra persona attraverso una catena di conoscenze con non più di 5 intermediari.

In parole povere, è lo stesso meccanismo delle raccomandazioni.  Io conosco Tizio, che conosce Caio, che mi raccomanda a Sempronio, che non conosco direttamente...

Ma per fortuna è anche molto di più di questo...

Per esempio, leggendo la biografia di Kevin Bacon (quello di Footloose) si scopre che si è prestato ad un esperimento matematico proprio per provare la teoria ed in questo modo ha dato il suo nome al numero che viene assegnato nei vari passaggi. 

La prova era stata fatta usando l'Internet Movie Database e lui aveva il numero 0.  Da lì si arrivava a chiunque avesse lavorato nel cinema in meno di 6 collegamenti.

Questo studio è stato pubblicato e "fa testo". 
Lui è stato così bravo che ha anche fondato la onlus "SixDegrees" basata sulla solidarietà tra le persone.  
Pensare che recita così spesso in parti da carogna ...

E qui c'è la dritta per chi mi conosce: il primo cugino di mio marito è da anni lo chef personale di Woody Allen; quindi voi siete il numero 0, io 1, mio marito 2, suo cugino 3, Woody Allen 4....e lui in un paio di passaggi arriva a chi vuole!
(Foto di Woody Allen con moglie, sorella e chef Richard Pedrina)

Non è affascinante?!?  Abbastanza inutile in questo caso, ma divertente.

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sabato 14 maggio 2011

Video shock

Ieri ho rivisto un video del 2006 che ogni volta mi colpisce molto. Di solito sono insieme a mia figlia e tutte e due iniziamo a dire: “ma poverino!”, “pensa se capitasse a noi!”, “che incubo …”.

La canzone si intitola Crystal Ball, dei Keane, ed è carina, ma non è questo il punto.
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La storia narrata è pazzesca: il protagonista (il bravo attore italo-americano Giovanni Ribisi) è un uomo “normale” che la mattina esce di casa, saluta la moglie ed accompagna il figlio a scuola.  Poi va a lavorare in una agenzia immobiliare, scherza con i colleghi, sistema la cornice con la foto di famiglia sulla scrivania.
Ci fanno capire che la giornata trascorre con il solito tran tran.   
La sera risale in auto e torna a casa.

E qui comincia il dramma: c’è un’altra macchina sul vialetto, poi la chiave che non entra nella toppa, suona e né sua moglie né suo figlio lo riconoscono, anzi , in casa c’è un altro uomo.  Si capisce che all’inizio pensa che sia uno scherzo, ma quando un poliziotto lo allontana a forza comincia a dare i numeri.

Gira per strada, maledicendo il mondo, prova a telefonare a qualcuno, ma evidentemente il numero è sbagliato, dorme in macchina e la mattina successiva va in ufficio.
Anche qui nessuno lo riconosce e “il marito di sua moglie” sta lavorando alla sua scrivania, nella foto in cornice c’è quest’uomo al posto suo. Chiaramente da' in escandescenze e quindi viene nuovamente cacciato da una guardia.
Sulla sua auto c’è qualcun altro che parte lasciandolo appiedato, sconvolto, in mezzo alla strada.

Il testo della canzone fa capire che il protagonista non sa più chi è e chiede alla sfera di cristallo una risposta.  Ma la domanda da fare sarebbe: “dove sono? In quale universo parallelo sono finito?”.

In ogni caso: a me fa venire i brividi peggio che un film dell’orrore.   Nel video non si vede, ma credo che  il povero agente immobiliare poi sia andato ad ammazzarsi.



P.S.
Qualche cinico mi ha detto: "ma perchè si dispera? Si è liberato in un colpo solo di tutti i suoi doveri...peccato solo per l'automobile!"
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Né Crimilde né Biancaneve

Rileggendo i titoli dei miei post, mi sono resa conto che la mia specialità è il salto dal palo alla frasca. Ho parlato di tutto e di niente, così come veniva...
Mi piace.  E' come sono io.  Vado a giornate, a sensazioni e in fondo questo è il mio blog e almeno qui non ci sono regole..

Oggi pensavo che ho parlato abbastanza spesso di mio marito, di mia figlia e del nostro cane, ma quasi per niente del mio essere "matrigna".

Che brutta parola. In realtà la matrigna sarebbe teoricamente la seconda moglie di un vedovo con figli, credo.
Quindi io cosa sono per i figli di mio marito?
Sono quella dei week-end alternati e delle vacanze? Sì, ma non solo, spero!


Quando li ho conosciuti la bambina aveva 4 anni ed il maschio 9.
Ero terrorizzata.
Mi ricordo che mi sono cambiata molte volte, optando poi per jeans e felpa con Topolino.
Dovevo arrivare con una mia amica con figli e trascorrere la domenica in campagna tutti insieme.
Io non avevo alcuna esperienza di tipo materno. Mai fatto la baby sitter.
Non so come, la giornata è passata senza danni apparenti e il commento dei bambini alla domanda di mio marito  "allora, cosa ne pensate?" è stato "simpatica, ma ha i capelli corti!".
Boh....

Loro si sono fatti sempre meno problemi di noi, oppure se ne sono fatti ma erano diversi da quelli che prevedevamo.
All'inizio quando c'erano loro io dormivo nella stanza degli ospiti, ma ad un certo punto hanno chiesto a loro padre perchè mi faceva stare da sola al piano di sotto quando nel suo letto c'era tanto spazio...

Il problema vero è stato fargli da mangiare qualcosa che gli piacesse. Una disperazione.
Alla fine, dopo aver provato di tutto, ho deciso di fare solo quello che amavano: pastasciutta col pomodoro, prosciutto crudo e patatine.
Dopo qualche anno finalmente hanno ampliato i lori orizzonti gastronomici e adesso divorano qualsiasi cosa.

Ho cercato di non intromettermi, che fossero loro a coinvolgermi se ne avevano voglia.
E così è stato.
Non ho mai voluto fare la mamma. Ne avevano già una.
Un'amica, piuttosto.
Hanno accolto con gioia la loro nuova sorellina e, pur vivendo in un'altra città, ci vediamo ancora molto spesso.

Sono passati 22 anni da quella domenica di ottobre e non sono state tutte rose e fiori, ma ci vogliamo bene, davvero.



martedì 10 maggio 2011

Comprar casa

Ho letto che Mark Zuckerberg, il creatore di Facebook, ha finalmente comprato casa. In fondo non ha neppure esagerato: una villa da 7 milioni di dollari, a pochi metri dal lavoro a Palo Alto.
Dico che non ha esagerato senza ironia. Col patrimonio che si ritrova, circa 7 miliardi di dollari, poteva veramente stupirci con effetti speciali.

Si vede invece che non si è montato la testa e preferisce restare in una dimensione "normale" di ragazzo 27enne secchione e poco mondano. Bravo.

Anch'io ho vissuto l'emozione di comprare la "prima casa".  Vale lo stesso discorso fatto per "La macchina del cuore".

La prima casa racchiude in se' molto più che i nostri pochi mobili...
Per la maggioranza delle persone è un traguardo sudato. Fatto di rinunce e di rate del mutuo da pagare per una vita.
Ad un certo punto della nostra esistenza cominciamo a non poterne più di abitare con i genitori (bamboccioni esclusi, of course), di solito tra i 20 e i 30 anni.  Se esci la sera ti ricordano che il giorno dopo lavori, non fare tardi.  Ti chiedono con chi sei stato. Ti occupano il bagno. Sono lì quando vorresti appartarti con qualcuno...  Restano male se non pranzi con loro, che ti hanno fatto il piatto che ti piace tanto o ti sgridano ancora per il disordine nella tua stanza.

Io scalpitavo ormai da anni...ma non potevo permettermi di andarmene.  Poi accaddero due fatti determinanti per fare soldi: la Borsa perennemente in rialzo della metà degli anni '80 e l'assunzione in una multinazione americana con uno stipendio decisamente migliore del precedente.
Investendo solo 5 milioni delle vecchie lire in un titolo del terzo mercato, mi ero ritrovata 3 mesi dopo con 45 milioni. Si sa, nella vita ci vuole culo e quella volta lì è toccato a me...

Così avevo i soldi per l'anticipo e la possibilità di pagare agevolmente il mutuo.
Non che sia stato semplice. Chiunque abbia iniziato a vivere da solo sa quante spese e che buco senza fondo sia un nuovo appartamento.
Se vuoi qualcosa di solo leggermente meglio dei mobili di cartone del Mercatone Uno, tra cucina, armadio e divano, spendi un patrimonio.  Per non parlare degli accessori: uno stillicidio.

Però è bello.  Scegliere finalmente le cose che piacciono a noi. Quei piatti, quei bicchieri. Quei colori. Le prime piante, la biancheria.  E mettere la targhetta sulla porta: impagabile!

Il mio bilocale...lo ricordo ancora con nostalgia! Così sempre in ordine, pulito, con tutte le cose studiate a tavolino: i colori, i soprammobili e i quadri.  Tornavo a casa la sera e mi apparecchiavo la tavola solo per il piacere di vedere l'effetto che faceva...  Se un cuscino sul divano era storto, lo raddrizzavo. Il bagno grigio perla, non uno schizzo sullo specchio...

Poi un bel (?) giorno mi sono ritrovata in questa casa "bomboniera" a chiedermi se la mia vita era tutta lì, senza un filo fuori posto, senza niente da spostare o aggiungere, per non rovinare la simmetria...
Dal terrazzo pieno di fiori in gradazione, guardavo le famiglie passare in bicicletta la domenica e mi ritrovavo a piangere.

L'effetto "prima casa" era passato.

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domenica 8 maggio 2011

Festa della mamma

Beh... auguri a tutte le mamme!

Io sono diventata mamma proprio 15 anni fa, come ieri.

E' stata una gravidanza senza alcun problema e, tranne le ultime 2 o 3 ore, sono stata benissimo...

Sono stata quella che, poco gentilmente, nel reparto maternità chiamano "primipara attempata".

Ma è possibile?!?  Cioè, dopo i 27 anni sei già considerata vecchietta...  Comunque alla faccia loro, io ho scodellato mia figlia senza bisogno di niente, né flebo, né epidurale, né ventose o tagli cesarei.
Senza smagliature, senza punti, con un sacco di latte nonostante la mia misera seconda misura.
Avevo gioiosamente raggiunto la quarta di reggiseno.  A ripensarci mi sembra ancora impossibile. Anche a mio marito...

E' stato bello avere la pancia. Ho una grande nostalgia del mio corpo di allora. Mi sentivo così "a posto".  Lo so, dico cose banali. Ma ogni mamma in fondo pensa che la propria gravidanza sia stata speciale così come lo sono i figli che ne sono nati.

Però la mia gravidanza è stata davvero un po' speciale.  Vissuta tra udienze per l'ottenimento del divorzio del mio compagno e cura dei vigneti che avevamo deciso di seguire da un paio d'anni.
Un periodo faticoso e pieno di incertezze.
Da una parte i veleni e le meschinità che uscivano dal tribunale e dall'altra la natura che avanzava dentro e fuori di me.
Ho legato vigne fino all'ultimo giorno, mentre avevo bisogno di aiuto per legarmi le scarpe.
Ho subito molte cattiverie e molti "lo sapevi che aveva una ex moglie, cosa ti aspettavi?!?".

Ma io e mia figlia siamo andate avanti imperterrite, anzi, lei è arrivata con 4 giorni di anticipo sul previsto.
Il divorzio invece è arrivato con 3 anni di ritardo, ma a questo punto: CHISSENEFREGA!
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venerdì 6 maggio 2011

Film strappalacrime

Ma che tristezza. Ieri sera ho visto un film che mi ha lasciato proprio l'amaro in bocca...
Non sopporto quando i titoli sono fuorvianti. E anche i trailer.

"Amore & altri rimedi" era secondo me la commedia giusta per una seratina romantica, di quelle in cui si sta spaparanzati sul divano, vicini vicini, gustandosi un bel gelato.
Gli attori giovani e belli, le scene promozionali divertenti, tutto perfetto.

E invece no.  Era il classico film in cui uno dei due è ammalato, senza speranza di guarire.  Dove cercano di farti ridere, ma la tragedia è lì che incombe minacciosa.  Ma che palle!

Che poi io cerco di evitare questi film e invece li ho visti tutti: da Love story a Scelta d'amore, da Autumn in New York a I passi dell'amore e Sweet November, in un susseguirsi di sfighe inevitabili e struggenti discorsi finali del sopravvissuto della coppia, che ti mandano il morale sotto i tacchi.

C'è già la realtà a ricordarci fin troppo spesso che tutto è transitorio, che la salute è il bene più prezioso.
In più io ho mia madre che mi aggiorna quotidianamente sulle malattie e sulle morti di amici, parenti, conoscenti, ma anche di persone più o meno famose, con dovizia di particolari e commenti funerei.

Non voglio saperne di altre miserie.
Giusto la vista di Jake Gyllenhall nudo mi ha parzialmente risollevato il morale.
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lunedì 2 maggio 2011

I left my heart in London

Il 3 maggio di moltissimi anni fa sono partita per andare a vivere qualche mese a Londra.
Era la prima volta che mi allontanavo da casa, dai miei genitori e dalla mia vita di figlia unica capace sì e no di rifarsi il letto.
Avevo viaggiato molto con i miei, ma non avevo mai preso l'aereo.
Avevo 19 anni e la mia unica certezza in quel momento era che sapevo bene l'inglese...

Al mio fianco c'era Elena, l'amica di sempre, da qualche mese felicemente sistemata nella capitale britannica e che era tornata un week end per festeggiare le nozze d'oro dei suoi nonni.
Aveva già sistemato le cose per me: lavoro, vitto e alloggio nell'ostello dove anche lei lavorava.

E' stato un viaggio interminabile. Partenza da Verona in macchina, ore di attesa alla Malpensa, un volo charter su un aereo che sembrava attaccato con lo sputo, arrivo a Luton e primo shock: l'incaricato della dogana mi faceva domande che io capivo ancora male alla terza lenta ripetizione.  Balbettavo risposte che alla fine l'hanno convinto che non ero una delinquente e finalmente mi ha fatto un visto turistico valido 6 mesi.  E poi in autobus per più di un'ora e finalmente, ormai col buio, l'arrivo a South Kensington, Onslow Gardens 71.  Palazzi bianchi, gradini e colonne, bow window, tutto moooolto londinese.

Ho incontrato persone meravigliose. Persone con cui sono ancora in contatto. Ho ricordi indelebili. Ho imparato l'inglese davvero,  a cavarmela da sola e ad aver fiducia in me stessa, una scuola di vita e una vacanza perfetta.  Ho lasciato un pezzetto di cuore a Londra...
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