lunedì 31 marzo 2014

Il video della settimana - 14/2014 - Dido

Thank you di Dido è una canzone che ha una storia un po' particolare.

La troviamo nella colonna sonora di Sliding Doors del 1998.

Ne troviamo una campionatura nel singolo Stan di Eminem del 1999, ma viene pubblicato solo nel 2001 ed è contenuto nell'album No Angel che ha venduto 12 milioni di copie.


Trovo che sia una canzone piena di dolcezza, evocativa e romantica.
Forse perchè la collego sempre al bel film con Gwyneth Paltrow, che ho adorato, ma anche il testo fa la sua parte.
Niente può andare storto se si è amati, se esiste una persona da ringraziare per rendere comunque belle le nostre giornate.

Dido è una cantautrice londinese che se l'è presa comoda.
Ottenuto il successo mondiale col primo album, scritto e prodotto in collaborazione con suo fratello Rollo, ne ha poi incisi altri tre, senza fretta e senza particolare promozione.
Preferisce godersi la sua famiglia, gli amici, la natura.
Come biasimarla?

Un'altra canzone che amo molto del primo album è Here with me, malinconica ed elegante.
E' stata usata come sigla del teen serial Roswell, andato in onda dal 1999 al 2002.
Una serie che ho visto e rivisto, dove finalmente gli alieni erano carini e simpatici.







La foto della domenica - 30/03/2014 - Mercatino della fabbrica

A casa nostra non c'è domenica senza mercatino dell'antiquariato, o quasi.
Domenica scorsa anche se non ho pubblicato foto ero comunque andata al Valpolicella Vintage, focalizzato sugli anni 50 e 60, mentre ieri siamo "scesi" nelle basse veronesi, fino a Cerea.


Qui ogni ultima domenica del mese si svolge un bel mercatino con più di 200 espositori.


La location è molto suggestiva, visto che è l'ex fabbrica di perfosfati, completamente ristrutturata ed adibita a sede per le più diverse manifestazioni.
Mattoni, travi a vista, grandi finestre.


Le merci esposte vanno dal modernariato all'antiquariato, passando per artigianato, collezionismo e curiosità varie.




 Begli oggetti...ma nessuna vecchia Polaroid! Peccato.


La foto della domenica è un'idea di Bim Bum Beta






giovedì 27 marzo 2014

L'emisfero destro




Cosa spinge una mamma e una figlia ad andare in missione al supermercato, staccare i bollini dalle banane, dalle arance e dalle mele incollandoseli sul braccio, e poi a comprare una scatolina di Pocket Coffee?

La risposta è in un libro intitolato “Wreck this journal” (to create is to destroy) di Keri Smith.

Artista e illustratrice canadese, vive negli Stati Uniti ed è una famosa esponente della Guerilla Art.


 
Cosa si è inventata questa donna? Un modo semplice e  nello stesso tempo  rivoluzionario per stimolare la creatività, l’emisfero destro appunto.

Wreck this journal è solo uno dei suoi libri, sicuramente il più famoso, ma a casa mia è arrivato insieme a This is not a book e The pocket scavenger.

Di cosa si tratta? 
É una specie di manuale non convenzionale, dove ogni pagina dà un suggerimento/ordine/idea e sta al lettore eseguirlo secondo i propri gusti.
Le pagine non sono numerate, non c’è un carattere di stampa unico, non ci sono regole fisse.  

Ogni possessore del libro lo completerà a suo piacimento, nei modi più diversi , esplorando situazioni e rompendo molti schemi e logiche seguite fino a quel momento.

Il libro va portato sempre con sé, sporcato, strappato, e va soprattutto confrontato con quello degli altri.

Esistono forum e hashtag sui vari social dove si possono vedere i risultati e tutto questo porta a nuove idee e in definitiva a condividere la propria creatività col resto del mondo.
I risultati sono sorprendenti e bellissimi.

Bisogna tornare bambini. 
Guardare le cose con occhi nuovi, fare finta di non conoscere la loro reale funzione, cambiare prospettiva.
E’ destabilizzante.  

Ieri bisognava sporcare di caffè una pagina.
Allora mia figlia non si è accontentata di un’unica macchia di caffè della macchinetta della scuola. 
Ne ha voluto fare una anche di cappuccino, di caffè della moka di casa e, last but not least, del caffè del Pocket Coffee.   
Stamattina voleva aggiungere anche il caffè d’orzo…

Anche i bollini della frutta servivano a completare una pagina, così come attaccare solo cose bianche o strusciare una pagina su un’automobile sporca.

Bisognerà calpestarlo, farci scrivere sopra da uno sconosciuto, ovviamente disegnare e produrre parole e soprattutto pensieri.

Dopo una prevedibe iniziale perplessità da parte mia, sono riuscita ad apprezzarne l’intento, che è veramente geniale e profondo. 
Che va oltre l’aspetto ludico della faccenda.

Come già detto nel post sulle conferenze TED sul Pensiero Laterale, forse proprio questo modo di guardare oltre le ovvietà, le certezze, le regole stabilite, può portarci a soluzioni innovative per migliorare non solo la nostra vita ma la politica e l’economia e quindi la società in generale.

Intanto mia figlia ha già convertito metà della sua classe….



lunedì 24 marzo 2014

Il video della settimana - 13/2014 - Modà

Per la serie "essere coerenti" ecco che dedico un post ad un gruppo che detesto amabilmente: i Modà.

Nati nel 2002 ma affermatisi veramente - dopo diversi cambi di componenti - nel 2011, fanno quel genere di musica che viene spesso snobbata dai più ma ti resta attaccata in testa come una zecca.


A me sembrano usciti dagli anni 60/70, mi ricordano i Nuovi Angeli o i Camaleonti ma insomma piacciono molto e capita, più spesso di quanto vorrei, di canticchiarli con gusto.

Kekko, il leader, già con questre tre kappa mi urta parecchio: ha sempre quest'aria da disperato, che urla al cielo inascoltato e somiglia a quei ladruncoli di cui si vedono le foto segnaletiche sui giornali locali.

Comunque hanno una caratteristica che me li fa ascoltare, anzi molto più spesso, guardare: affidano i loro video a Gaetano Morbioli, regista veronese di cui ho già parlato che ha la bella abitudine di usare sempre Verona e dintorni come ambientazione dei suoi lavori.

La mia citta, vie e palazzi, il lago di Garda, le ville e i musei della zona: tutto è inquadrato al meglio e valorizzato e ogni volta mi piace riconoscere i posti che amo e che frequento.

Per il video di "Non é mai abbastanza" Morbioli si è superato: infatti una delle tre modelle utilizzate è un'amica d'infanzia di mia figlia.


Hanno frequentato asilo ed elementari nella stessa classe, fatto la Comunione e la Cresima insieme e adesso sono nello stesso liceo.


Abita di fronte a noi e l'abbiamo vista trasformarsi da bellissima bambina a bellissima donna, senza un momento in cui fosse sgraziata o in qualche modo imperfetta.


Come dice spesso mia figlia: - Oltre a tutto è anche simpatica! - con una punta di bonaria invidia.

Una ragazza adorabile, come tutta la sua famiglia del resto, dove la bellezza non ha risparmiato nessuno, vedi le sue splendide sorelle, a parte il cane (il mitico Zagor di cui ho parlato qui).

La vedo passare la mattina, mentre va a prendere l'autobus e me la ricordo a cinque anni, quando all'asilo diceva che da grande voleva fare la velina ed era già stupenda.

Nel video, che cita tre famosi film, lei è la protagonista nell'omaggio a "La leggenda del pianista sull'oceano" che, sarò di parte, è la migliore.

Gli altri due film sono Rocky e Love Actually.



E' già lanciatissima come modella ed io le auguro il meglio, davvero.
Vola Federica!


#modà #video #GaetanoMorbioli



venerdì 21 marzo 2014

Mille mondi




Ho scritto ancora di quando in fondo io sia grata a Internet e quindi alle varie reti social per tutte le possibilità che offrono.

Soprattutto a qualcuno come me.
Una persona che in fondo non ha un tipo di vita che permette grandi contatti esterni.

A  questo aggiungi una naturale riservatezza/timidezza ed ecco che mi ritroverei a scambiare idee con quattro persone in croce.

Dovrei approfittare di quelle volte che magari in treno o nella sala d’aspetto di qualche medico, vieni a conoscenza di aneddoti e pezzi di vita di estranei in modo del tutto fortuito.


Invece la rete raccoglie le storie, le confidenze, le più varie esperienze di milioni di persone e capita di imbattersi in pezzi di vita straordinaria, in fatti e pensieri che ci toccano nel profondo.

Il passa parola virtuale è portentoso e ci fa entrare per un attimo nei racconti di persone che difficilmente avremmo potuto incontrare dal “vero”.

Ieri, per esempio, ho viaggiato dal Marocco agli Stati Uniti, ho scoperto che esistono cosmetici carissimi che stuoli di donne sognano di poter comprare un giorno, ho ammirato i vestiti da sposa adatti ai matrimoni in stile anni ’20, ho letto post dedicati a padri che mi hanno fatto ricordare il mio con nostalgia e sono sprofondata nella vita di un blogger che si congedava dal mondo.

Sì, un perfetto sconosciuto che nel suo ultimo post, senza nessuna autocommiserazione, anzi con una certa ironia, raccontava il suo pensiero sulla vita e sull’amore, lasciando intendere che sta perdendo la sua battaglia contro il cancro.

Così sono andata a ritroso e ho letto altri post e mi è sembrato di conoscerlo.

Avrei voluto stringergli la mano perché i suoi pensieri erano così vicini ai miei in tanti modi. 
Avrei voluto potergli dire di quanto gli sono grata per quello che ha condiviso.
Che ci fa bene confrontarci e riconoscerci anche senza sapere che faccia abbiamo, se siamo o meno coetanei e dove viviamo.

Ma ha bloccato i commenti e un po’ lo capisco anche in questo.
E’ stato triste ma bello ugualmente.  

Posso aprire ogni giorno una finestra in queste vite amare, divertenti, operose o anche superficiali e quasi irritanti e in qualche modo sono più ricca e più carica.

Grazie rete!
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giovedì 20 marzo 2014

Beata gioventù



Ieri mi ha chiesto l’amicizia su Facebook un compagno di classe di mia figlia. 
Il primo maschio in mezzo ad uno sparuto gruppetto di femmine che ho raggranellato negli anni.

Questo neo diciottenne ha portato una ventata di freschezza nei post che riempiono la mia bacheca.
In mezzo a tante brutture, dai malati di cancro agli animali maltrattati, dalla rivolta dei forconi agli scandali della politica, è arrivata la beata gioia di vivere.

Nessuna denuncia, nessun commento al vetriolo, nessun pseudo impegno socio culturale: solo foto con i suoi amici che evidentemente sono tutto il suo mondo, in montagna, alle feste di compleanno, in gita o in classe.

Mia figlia in molte di queste foto stranamente sorridente, fa le boccacce, si diverte la musona!

Ecco, visitare la sua pagina mi ha messo di buon umore. 

Che poi è quello che succede quando vado a scuola per qualche colloquio con un professore.  

Attendo il turno in corridoio e osservo queste nidiate di ragazzi che passano ridendo e scherzando, del tutto ignari della mia presenza.   Ancora così implumi.  

Oppure sono in macchina che aspetto mia figlia e li vedo che escono e si radunano attorno le loro moto.

Mi diverto a immaginare come saranno fra pochi anni.   
Ci sono quelli che vedo già inquadrati, con il loro completo scuro e la ventiquattrore, quelli che ci metteranno del tempo, quelli che perderanno i capelli e metteranno su pancia, le ragazze che hanno già l’aspetto della sposotta e quelle che diventeranno delle bellezze.

Mi faccio un film, mi sembra di sapere cosa pensano e di conoscere tutte le loro insofferenze e paure, a volte vorrei dirglielo: so tutto, so cosa provi, guardami ero così anch’io, una di voi…

Ma è come nella fantascienza, quando si viaggia nel tempo ma non si può interferire e si è invisibili, allungo la mano ma passa attraverso senza toccare nulla.

Però qualcosa mi resta lo stesso, un senso di speranza e fiducia, e la voglia di sorridere per niente solo perché è bello.
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lunedì 17 marzo 2014

Il video della settimana - 12/2014 - Gerry Rafferty

Oggi vi parlo di un "One shot artist", cioè di uno che ha azzeccato il pezzo della vita e tutto il resto che ha fatto o non era alla stessa altezza o non è stato capito o chissà.

Gerry Rafferty era un cantautore scozzese che aveva iniziato come busker nella metro di Londra.
Nel 1977 esce il suo album City to City che contiene la bellissima Baker Street diventata singolo nel 1978.

Questa canzone trascina l'album ai vertici delle classifiche e garantisce a Rafferty una rendita perenne.

Effettivamente il pezzo è di quelli speciali.
Il famoso assolo di sax fa impennare le vendite di questo strumento e lo sdogana dal jazz facendolo approdare al pop degli anni '80 (vedi Spandau Ballet, per esempio).

Gira un aneddoto proprio sul sassofonista, tale Raphael Ravenscroft, che fu pagato con un assegno scoperto di 27 sterline e non fu mai invitato al mixing del brano, forse proprio per non dover far fronte alla copertura dell'assegno.
E dire che lui ci sarebbe andato gratis dato che odiava la prima incisione e la considerava stonata...

Tornando a Rafferty purtroppo per lui la tranquillità economica non si tradusse in una vita serena.
Anni di alcolismo l'hanno portato a morire nel 2011 per gravi problemi al fegato.

Il testo della canzone è premonitore: racconta di qualcuno che non ha trovato a Londra quello che sperava, che di notte si ubriaca per dimenticare il giorno, che non crede più alla possibilità di andare in una piccola città e tornare ad una vita semplice, perchè ormai è una pietra che rotola.

Di Baker Street sono state fatte molte cover, io vi lascio questa dove suona una sassofonista bravissima, Candy Dulfer, che vi consiglio di ascoltare anche in altre sue performance.






domenica 16 marzo 2014

Orrori architettonici - La foto della domenica - 16/03/2014


Questa casa è così brutta che questa mattina, quando l'ho vista, non ho potuto fare a meno di fotografarla.
Da non credere.

Io sono una grande appassionata di architettura e mi piace guardare, oltre alle costruzioni famose, antiche e moderne, anche le case "normali".
Come ho avuto modo di scrivere in altri post, mi immagino il loro interno, ipotizzo lavori di restauro o cambio di destinazione d'uso.

Alcune case sono una gioia per gli occhi.
Mi capita di dover passare in macchina da qualche parte e sapere esattamente quali case preferisco lungo quel percorso, alle quali getterò uno sguardo con piacere.
Di alcune seguo l'evoluzione, magari mi indispongo se le tengono male, se il giardino non è a posto e di altre ammiro le giuste proporzioni, lo stile, la personalità.

Ci sono quartieri a Verona dove mi piace passeggiare solo per ammirare le villette in stile liberty ed altri dove inaspettatamente ho scovato dei gioielli.
Una casa che doveva essere di un maniscalco, con una grande porta ad arco ed una testa di cavallo in  pietra sulla sommità, un piccolo condomio con ogni finestra decorata che io ho battezzato "la casa con i fiocchi", alcuni palazzi con cortili interni insospettabili e deliziose ringhiere in ferro battuto.

Vedo queste costruzioni e sono contenta. In fondo mi basta poco.
Mi piace la bellezza, l'armonia delle forme; scatto un'ipotetica foto con i miei occhi e la giornata prosegue con una disposizione d'animo migliore.


Ma questa mattina vedere questo pugno in un occhio è stato veramente fastidioso.
Rovinare così una villetta che poteva essere carina nella sua semplicità.

Lo so, sono discorsi oziosi, ma in fondo è domenica!



La foto della domenica è un'idea di Bim Bum Beta.




venerdì 14 marzo 2014

Un'anticaglia in carne ed ossa



Come avrete intuito io e il marito siamo assidui frequentatori di mercatini dell’antiquariato o vintage o anche modernariato, o anche solo mercatini.

Lo troviamo un passatempo divertente.  

Ci si illude di fare grossi affari, si trovano pezzi per completare le mille collezioni presenti nella nostra “casa-museo”, si passeggia chiacchierando amabilmente dei tempi andati.

Ultimamente però qualcosa mina la mia bonaria tolleranza di fronte alle merci esposte.

Sempre più spesso mi imbatto in oggetti che ho usato io in prima persona.

Non si può più dire: “ah, questo era in casa di mia nonna!” “quello ce l’aveva la zia nel salotto buono!”.
Questo e quello fanno parte dei miei ricordi recenti.  

Recenti. Ecco il punto: un par di ciufoli recenti, visto che sono passati trent’anni almeno.

Allora guarda cosa ho ipoteticamente comprato ad una esposizione vintage dove sono stata domenica scorsa:

un computer simile al primo che ho usato. 
Di quelli con lo schermo monocromatico, lettere verdi o bianche su fondo nero.
Di quelli dove passavi le ore a mandare un punto luminoso di qua e di la con una barretta e ti divertivi pure.


Ho trovato anche la telescrivente che usavamo per mandare i telex in Kuwait o in Nigeria.
Tutto era scritto in maiuscolo su di un lungo nastro di carta bucherellata e poi lo si faceva passare per questo marchingegno e ticchettando appariva il testo sul foglio in striscia continua.
Si perdevano le ore sia a scrivere che ad aspettare le risposte.  


Ecco uno dei telefoni che ho avuto sulla scrivania: enorme con i bottoni per trasferire la linea al capo e tenere in attesa le altre.

Ma c’erano anche le calcolatrici col nastro di carta, i primi fax, le macchinette Dymo che scrivevano in rilievo le targhette….

Mancavo solo io, seduta su qualche sediolina girevole non ergonomica, con un bel tailleur simil Armani ed i capelli gonfi sulla testa.

Io in ufficio negli anni '80

Usata, ma ben tenuta e perfettamente funzionante. Più o meno…
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