venerdì 26 settembre 2014

Il nonno terrone



Nonno Alfredo e nonna Elisa incinta di mio padre
Che se il presente non offre spunti né fatti particolarmente piacevoli da commentare ci si può buttare sul passato.

Racconterò di mio nonno paterno. 

Lo faccio soprattutto per me, così, tanto per fissare sulla carta qualcosa che altrimenti andrebbe perso per sempre come quasi tutti i ricordi delle persone comuni che sono morte da tanto tempo.

Era un ragazzo del ’99 che significa uno di quelli che poi hanno combattuto la Prima Guerra Mondiale. 
Nel suo caso era anche Cavaliere di Vittorio Veneto e aveva la sua brava medaglia incorniciata appesa nel salotto buono.


Nato a Lucera in provincia di Foggia, figlio e nipote di farmacisti, era un impiegato statale, precisamente dell’Ufficio delle Imposte. Penso fosse il posto ideale per lui…

Questo fatto che io ho un 25% di sangue terrone ha sempre provocato battutine e commenti a volte anche spiacevoli, dato che vivo a Verona che è una delle città più “integraliste” in questo senso. 

Il bello è che anch’io le faccio sugli altri perché quando si cresce in un posto così è difficile esimersi…
Ma, tanto per puntualizzare, qui pugliese è meglio che campano, per esempio, o siciliano… In ogni caso terrone resta.

E come ci arriva un terrone qui al nord? 
Mi mancano tutti i dettagli. 
Non so se per una richiesta in seguito al fatto di aver combattuto in Friuli o per un caso, fatto sta che il nonno viene trasferito a San Daniele del Friuli all’inizio degli anni ’20.

Lì conosce mia nonna, una ragazza ambiziosa (così si racconta) che punta all’impiegato con il posto sicuro e si fa mettere incinta. 

Sì, perché un lavoro statale all’epoca permetteva di vivere agiatamente, con tanto di cameriera fissa e lei proveniva da una famiglia di contadini.

Sì sposano in gran fretta e nel novembre del 1923 nasce mio padre.

Poi nascono altri due bambini, l’ultimo a Vittorio Veneto, dove nel frattempo si erano spostati e poi il definitivo trasferimento a Verona.

Il nonno era molto piccolo di statura, moro con due grandi occhi azzurri. 
Raccontava, come fosse una certezza assoluta, che questo era dovuto ai suoi antenati normanni.

Era una persona che definire parsimoniosa è un complimento.  
Dopo la prematura morte di mia nonna si risposò con una collega che fece del risparmio la loro missione di vita.

Io lo ricordo già anziano che partiva con la sua Vespa per andare a fare la spesa in tre o quattro posti diversi per cercare i prezzi migliori.

Indossava delle camicie con il colletto staccabile che metteva solo la domenica, giorno in cui si faceva anche la barba.
Infatti quando ci vedevamo tra settimana i suoi baci erano sempre “rasposi” sulle mie guance.

Mia nonna, o meglio la mia “nonnigna”, invece indossava sempre delle maglie lavorate a ferri unendo la lana di altre maglie disfatte. Mai vista con qualcosa che non fosse color “melange”.

Insomma il nonno in questo modo comprò tre appartamenti e passava il suo tempo di pensionato a tenere la contabilità e a tormentare gli inquilini se ritardavano di un giorno il pagamento dell’affitto.

Per dire, mio padre, quando io ero piccola, gli chiese un prestito perché avevamo cambiato casa e voleva comprare alcuni mobili nuovi, e lui gli fece 5 cambiali tanto per non rischiare…

Abitavamo vicini, noi in via Quarto e loro in via Marsala (quartiere garibaldino la Valdonega…) ed io venivo lasciata qualche volta a casa loro se mia madre aveva degli impegni.

Ricordo il salotto con due poltrone ancora con il cellophane e un ficus di plastica in mezzo.
Buffet e controbuffet con delle ante verdine e un tavolo dove non ha mai pranzato nessuno.

Si stava in cucina, dove c’era sempre una pentola con il brodo a raffreddare su un sottopentola di alluminio.

La nonna mi insegnava a lavorare ad uncinetto, a fare presine e centrini.
Unico divertimento una Matriosca che mio zio aveva portato da un suo viaggio di lavoro in Russia.

Il nonno non aveva mai perso il suo accento terrone ma voleva parlare in dialetto con risultati spesso esilaranti.
Mitico il suo “massa tanto” dove “massa” in veronese vuol già dire “troppo” e quindi la parola “tanto” è in più.

La sua mancia per il mio compleanno e per Natale è sempre stata di 2000 lire.
L’inflazione in questo caso non è mai esistita.

Quando è morto aveva 87 anni ed era andato in moto fino a poche settimane prima. 

C’erano i miei con lui e mia madre mi raccontò che fu la prima e ultima volta che vide piangere mio padre.
Tutto qui, niente di epico, ma stamattina mi andava di ricordarlo.
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5 commenti:

  1. Sai molte più cose di tuo nonno che io dei miei, che non ho mai conosciuto. Bello leggere la sua storia e soprattutto la sua personalità, non ti facevo 25% pugliese! :)

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  2. Eh già... avessi almeno preso i suoi occhi azzurri!

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  3. Mi credi che in alcune frasi ho rivisto i miei nonni???
    Quei salotti buoni, gli appartamenti in affitto ... ma com'è che sono tutta l'opposto?!?
    Ho pure una chicca x te ... ci vediamo su fb!

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  4. Anch'io ho sangue terrone!25% campana(nonna),25% pugliese(nonno) :D Adesso mi è rimasta solo la nonna,le voglio bene più di chiunque al mondo <3

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  5. Io ho ricordi meravigliosi dei miei nonni materni..

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