giovedì 26 febbraio 2015

#100cosedafareprimadimorire ... ma anche no



Questo hashtag gira da un po’ di tempo e molte delle mie amiche blogger hanno entusiasticamente aderito scrivendo liste meravigliose, piene di sogni avventurosi e alti proponimenti.

Alcuni post li ho anche commentati perché erano nelle mie corde e magari contenevano qualcosa che io avevo già fatto.

La conseguente richiesta è stata quella di conoscere la mia lista.

Così ho iniziato a pensarci. 
E più ci pensavo e più le cose da elencare diminuivano. 
Finchè ad un certo punto mi sono detta che non avevo alcuna voglia di scrivere questa lista.

Spero ovviamente di fare alcune cose belle prima di morire, ma preferisco la sorpresa, l’inaspettato piuttosto che la delusione.

Tutto questo si spiega con l’età anagrafica che cozza duramente con quella che potrebbe essere l’età del cuore e dell’anima.

E’ chiaro che vorrei fare il giro del mondo, lanciarmi col paracadute, abbracciare il Dalai Lama… ma non sono più l’adolescente che sulla porta della sua camera aveva un poster con scritto: “CHI HA PIU’ RICORDI CHE PROGETTI È FOTTUTO”.
Io sono fottuta, e questo è un fatto.

Cento sogni sono facili da elencare: basta scrivere un bel po’ di luoghi mai visti, di esperienze mai fatte et voilà, ecco una lista fighissima.

Per esempio, come ho già scritto, viaggiare ha perso per me tutto il suo fascino. 
Le circostanze mi impongono tempi e budget da rispettare e trovarmi in coda perenne nei periodi di punta per visitare posti ormai inesorabilmente rovinati dal turismo di massa non mi attira più. 
Chissenefrega se non tornerò più a Londra o a Barcellona? Le ho viste quando era il momento e adesso mi stresserei inutilmente.

Volevo tanto assistere a concerti dal vivo di mille gruppi musicali. 
I 30 seconds to Mars, i Placebo, i Muse…
L’anno scorso mi sono procurata con mesi di anticipo i biglietti per vedere i Linkin Park a Milano, ho atteso impazientemente quella serata che doveva essere mitica. 
Ed è stata una cocente (nel vero senso della parola) delusione: ore sotto il sole, una massa bruta che spingeva da ogni parte, essere sommersi dalla folla e non vedere assolutamente nulla, nemmeno nei maxi schermi.  Io non li ho visti, li ho solo sentiti e pure in modo distorto.
Per me ormai solo concerti con posti numerati…

Ma insomma, se perfino a Gardaland molte delle attrazioni sono vietate a chi ha superato i 50 anni, che cavolo devo spiegarvi???

Cento cose non le trovo. Realisticamente parlando è impossibile.

C’è troppo disincanto, sono troppo smaliziata per illudermi di fare chissà che e credere che ne sarei soddisfatta.

Magari due o tre cose ma fatte bene. 
Finire di scrivere il mio romanzo iniziato cento volte, avere qualche nipote, farmi una blefaroplastica…
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sabato 21 febbraio 2015

Smarrimento



Il sabato mattina io e mio marito andiamo spesso in centro a passeggiare. 

Abbiamo tutti i nostri piccoli riti: il caffè col risino tiepido, mostre da visitare o luoghi da fotografare, qualche acquisto, l’aperitivo.

Si chiacchiera, si rievoca, si progetta pure, cose così. 
  
Non incontriamo quasi mai persone che conosciamo.

Io mi ricordo che una volta, diciamo dall’adolescenza ai trent’anni, non riuscivo a fare una Via Mazzini o a passare per la Brà senza dovermi fermare quattro o cinque volte a parlare con qualcuno.
Erano compagni di scuola, vicini di casa, colleghi, amici di amici, un sacco di persone più o meno coetanee che facevano esattamente quello che io ho continuato a fare anche in seguito: girare per la mia città.

Ma dove sono finiti tutti?

Non c’era ristorante o pizzeria dove a qualche tavolo non vedessi  tizio e caio che conoscevo, almeno di vista.

Parlo spesso di quanto io ami Verona, che difficilmente cambierei con un altro posto, e dopo mi ritrovo a pensare che in fondo quello che mi conforta sono gli involucri esterni, perché la gente che è cresciuta con me è sparita completamente.

Che poi anche l’involucro sembra uguale ma ovviamente è cambiato. 

Certo l’Arena è sempre lì, ma locali, negozi e anche strade e piazze sono spesso completamente diversi da un tempo e in un continuo divenire.

Questa mattina ho voluto portare mio marito in un caffè dove ho passato tante serate a bere porto o il mitico Alexander (ma lo fanno ancora?), un bar storico che ricordavo scuro, pieno di tappezzerie, travi a vista. 
Si saliva una scala cigolante e si poteva stare in una saletta confortevole ammirando la città dalle piccole finestre. 

Appena entrata credevo di essere in una di quelle situazioni fantascientifiche in cui ci si sveglia in un universo parallelo dove le cose paiono uguali ma in realtà tutto e tutti sono diversi. 

Spatolato veneziano crema, controsoffitti con faretti, porta del bagno con serratura elettronica. Nessun secondo piano. 

In compenso gli avventori erano tutti più o meno miei coetanei. Ma non ne conoscevo uno.

Non so. Non so nemmeno perché ho pensato di scrivere questo post. 
Ma la sensazione di straniamento ultimamente mi sta dando molto fastidio.
Sto perdendo tutti i riferimenti.
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lunedì 16 febbraio 2015

Il video della settimana - 8/2015 - Federico Paciotti


Sanremo è finito e devo dire che se mi ha fatto conoscere il talento di Federico Paciotti, vale la pena aver sopportato tutto il resto, vincitori compresi.

Perchè se proprio dobbiamo registrare un ritorno al "bel canto", alle voci impostate, alla tradizione lirica italiana, allora ben venga questo meraviglioso chitarrista/tenore!



Qualcosa che non irriti la vista e l'udito come i tre de Il Volo, che sembrano i nipoti sfigati di Claudio Villa, buoni solo per qualche matrimonio italo-americano e per farci restare ancora una volta ancorati allo stereotipo mafia/pizza/mandolino agli occhi di qualsiasi straniero li ascolti.

Federico Paciotti invece è pure figo.
Occhio chiaro bistrato, look studiatissimo, nessuna mano che gesticola come a recitare la poesiola sulla sedia ma un pugno nello stomaco per chi lo ascolta per la prima volta e non si aspetta niente del genere.

Ma certo che l'avevamo già visto. A 14 anni aveva vinto Sanremo Giovani col gruppo dei Gazosa. Caterina Caselli aveva avuto buon fiuto allora e oggi si riconferma.

Nel frattempo il ragazzo ha studiato lirica all'Accademia di Santa Cecilia e ha collaborato con il maestro Rolando Nicolosi, leggenda vivente dell'opera.

Ha aperto la serata sanremese dedicata alle cover, quella che ho apprezzato di più.

Io non so dove collocarlo, non so se un intero disco di hard rock misto romanze famose non sia troppo da ascoltare tutto in una volta ma quello che so è che mi ha fatto venire la pelle d'oca e l'occhio lucido, altro che Christian Grey!



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martedì 10 febbraio 2015

Il video della settimana - 7/2015 - Elisa


Oggi inizia il Festival di Sanremo e così ho pensato di condividere il video di Elisa, quando ha partecipato nel 2001 con la canzone Luce (tramonti a Nord Est).

Questa è una delle poche canzoni vincitrici che mi sia piaciuta.

Infatti di solito quelle che preferisco si piazzano fuori dal podio se non addirittura ultime.


In ogni caso Elisa è una cantautrice che apprezzo molto.
Canta bene dal vivo, scrive testi piacevoli, è simpatica.

Di solito predilige i testi in inglese ed è così che ha iniziato, ma per fortuna ci ha allietato anche con delle altre stupende canzoni nella nostra lingua.
La media resta comunque bassa: 19 su oltre 100 testi pubblicati.

Questa la amo particolarmente: Eppure sentire (un senso di te), disco d'oro e miglior video del 2007.




domenica 8 febbraio 2015

#unviaggiovintage - 70 giorni/10.000 chilometri


-“Non posso esimermi”-

Così ho risposto alla simpatica Monica del blog Alla ricerca di Shambala quando ha lanciato l’idea di un post che raccontasse un vecchio viaggio con relative foto, rigorosamente analogiche.
Possibilimente qualcuna doveva anche ritrarci, in modo che fosse proprio evidente l'implacabile trascorrere del tempo, dico io!

Ho smesso di viaggiare, nel senso “serio” del termine, negli anni ’80, quindi molto prima dell'avvento del digitale.
Non c'era problema, se non quello di scegliere fra migliaia di diapositive.

In realtà ho subito deciso che cosa vi avrei raccontato o meglio cosa avrei tentato di raccontarvi dato che mi sono resa conto che dopo 40 anni la memoria è leggermente offuscata e molte foto che credevo di avere erano purtroppo solo nella mia mente e altre non mi dicono nulla e non so assolutamente dove sono state scattate.

Comunque in qualche posto tra Verona e Aleppo nell'estate del 1973...


PREMESSA

Noi dovevamo andare in Persia. 
Sì Persia, si diceva ancora così.
C’era lo Scià e non c’era alcuna guerra o tensione religiosa.

In Turchia c’eravamo già stati 3 anni prima ma eravamo rimasti nella parte occidentale.
Ci mancava di visitare la Cappadocia e da lì avremmo proseguito verso est.


SVOLGIMENTO

Prego notare la mappa “homemade”, bisnonna di Google Maps, dove avevo disegnato il percorso e dove compaiono nazioni ormai sparite da decenni.
Comunque grazie a questo cimelio sono riuscita a dare un nome a molte delle tappe che ricordavo solo vagamente.


La prima foto dovrebbe essere di fronte al parlamento di Belgrado.
Eccomi lì, con mia madre, sgraziata come solo una tredicenne può essere…


Segue foto scattata su qualche spiaggia vicino a Salonicco, dove mi sto togliendo la sabbia dai piedi.


Noi dentro ad una moschea o forse è Santa Sofia a Istanbul ma forse no. (Se riconoscete il posto vi prego di dirmelo)
P.S. Ho scoperto che è la chiesa ortodossa di San Marco a Belgrado...


Dopo Ankara, verso Kayseri, vicino ad un ponte romano sul fiume Kizilirmak.


In Cappadocia, nella valle di Goreme.




Io con la guida nella città sotterranea.


Verso il nulla e nel nulla, tra terra e sabbia, pecore, pastori e bambini cenciosi.

In basso dei bambini ci salutano. Gli regalerò alcuni Topolino

Si aspetta la corriera. Sullo sfondo un paese con case a cupola. Come si chiamerà?

Incontri abituali. A volte pecore a volte cicogne.

Mio padre ha chiesto il permesso per fotografare l'acconciatura tipica

Senza parole....

L’IMPREVISTO

All’altezza di un posto chiamato Tunceli la strada verso la Persia finiva.
Nel senso che i turchi la stavano rifacendo completamente.

Dopo un tentativo da parte di mio padre di percorrerla ugualmente (che aveva dato come risultato la rottura del pavimento della roulotte e di un ammortizzatore) si è deciso di tornare sui nostri passi e di proseguire poi verso sud per andare a visitare Palmira, in Siria.

Questa foto dovrebbe essere stata scattata vicino a Tarso. 


Ricordo vagamente battute sulla luce che doveva colpirci sulla strada di Damasco…

Aleppo, famosa per i suoi pini, ci è apparsa arida e torrida.



Io sono quella col cappello, di spalle

C’erano 46 gradi e per un paio di giorni siamo usciti solo dalle 7 alle 9 del mattino, passando il resto del tempo sotto i pochi alberi del campeggio, facendoci una doccia ogni mezz’ora per sopravvivere.

Ad un certo punto mio padre ha preceduto di molti anni Forrest Gump con la battuta: “sarei un po’ stanchino” e ha deciso di tornare indietro in Turchia, verso la costa meridionale.

Sempre di spalle....
Lì ricordo campeggi bellissimi, gestiti dalla BP, con cucine a disposizione degli ospiti e bagni immacolati.
Un mare meraviglioso e una brezza che ci ha rimesso in forze dopo le disavventure precedenti
(tipo quella raccontata nel post "Le disavventure dei miei viaggi").

 
Spiagge deserte nonostante fossimo a fine luglio.
Il castello di Korikos, di fronte a Silifke.





IL RITORNO

C’è un vuoto di memoria e di foto fino alla Bulgaria. 

Probabilmente mio padre non ha voluto fare doppioni dato che tutta la zona di Efeso, Smirne, Troia, Pamukkale, così come Istanbul era già stata ampiamente fotografata tre anni prima.

Si è deciso di cambiare strada e puntare verso Vienna, passando dalla Bulgaria e dall'Ungheria.
Qui sotto il Monastero di Rila.


Sosta a Budapest.



Visita prolungata a Vienna, da dove eravamo scappati l’anno prima a causa della pioggia incessante.


'Sti calzettoni, non si possono vedere!



CONSIDERAZIONI FINALI

I miei ricordi di quell’estate sono quelli di una ragazzina. 
Cosa mi aveva colpito durante quei 70 giorni?
  • Un cane randagio incontrato nel campeggio di Kayseri.
    Gli davamo una porzione di pastasciutta e quando ci vedeva arrivare la sera ci correva incontro velocissimo tanto da meritarsi il soprannome di Fiasconaro (antico atleta italiano…).
  • Delle specie di piccole donnole, che in turco si chiamano “ghelenghe” (scrivo come si pronuncia) che correvano veloci tra i camini delle fate e le chiese rupestri in Cappadocia.
  • I Lokum, dolcetti ad alto peso specifico, profumati di rosa, di mandorle o di agrumi.
  • I bambini che toccavano i nostri vestiti e scappavano via ridendo.
  • Gli uomini che chiedevano a mio padre di aprire il cofano della sua Fiat 124 Special perché era appena uscita anche in Turchia, dalla fabbrica di Bursa.  Alcuni si buttavano anche a terra per vedere sotto la macchina.
  • Le donne che ci offrivano il te bollente su vassoi tenuti da catenelle e volevano vedere dentro la roulotte e poi ci invitavano nelle loro casette, e tutti ci guardavamo sorridendo parlando a gesti.
  • Tutte le bibite e i gelati che mi sono stati proibiti per paura della dissenteria.
  • La super dissenteria che ha colpito mia madre….
  • Le tre ore al confine tra Ungheria e Austria, sotto tiro di una sentinella col mitra, mentre funzionari doganali passavano lo specchio sotto auto e roulotte e ispezionavano ogni cosa. Moduli e moduli da compilare spiegando ai miei cosa scrivere (mio padre sapeva un po’ di francese e l’unica che capiva l’inglese ero io).
  • Appena entrati in Austria il sollievo di essere tornati alla civiltà e alla libertà (Bulgaria e Ungheria ai tempi erano drammatici da attraversare…).
  • Gli uccellini e gli scoiattoli del parco di Schoenbrunn che mangiavano dalle mie mani.